Franca Lanni, The room

Autore:LANNI FRANCA

N. - M. :Città della Pieve, 1943

Tecnica:Digital work printed on dibond. Es. 1/3

Misure:91 x 59 cm

Anno:2019

Classificazione: Figure, Altre Tecniche, Figurativi, Moderni

Note Critico - Biografiche

FRANCA LANNI

Città della Pieve (PG), 1943 

 

 

The Room 

 

Opera digitale stampata su alluminio dell'autore Franca Lanni, titolo "The Room", lavoro di computer art del 2019. Dimensioni 91x59 cm
Digital work on dibond, 91×59 cm del 2019

Materialità dell’immateriale. L’arte digitale di Franca Lanni: “Tra il computer e me, diciamo che vinciamo tutt’e due” 

È una nuova sfida quella che Franca Lanni ha ingaggiato ormai dal 1998 tra lei e il computer. Proveniente da una formazione e da un’attività di tipo pittorico, e da ricerche collaterali che l’hanno portata a indagare ugualmente le possibilità di raccontarsi attraverso la pittura, Franca Lanni nel 1999 è scesa di nuovo in campo in prima persona per dare voce e forma ad un pensiero che intanto è andata maturando. Un pensiero spinto da forti sensazioni e che per loro intensità e natura hanno trovato via via la strada più adatta e ricca di articolazioni per esprimersi. Per questo, il percorso di Franca Lanni inizia con lo studio dei più noti programmi di grafica e fotoritocco per poi, una volta acquisitane conoscenza ed esperienza manuale, ‘ingannare’ i meccanismi logico/analogico/digitali del computer e utilizzarne le reazioni per i voluti effetti visivi e costruttivi dell’immagine, come scrive in un inedito: “mentre lavoro, supero l’antitesi e vedo nascere immagini straordinarie: il sole è verde, l’alba è un tramonto… nasce così un’opera segnata da una realtà completamente trasformata nei suoi parametri sia percettivi che concettuali.” Un’immagine, quella elaborata da Franca Lanni, che al computer è partita anche dalla scansione di dipinti precedenti e che nel processo creativo viene destrutturata e conseguentemente ristrutturata in termini astratto-numerici, pur conservando, nelle prime opere, implicazioni simboliche legate al significato stesso dell’immagine; un’immagine che tuttavia, proprio nelle prime opere, non risulta ancora integrata al fondo, mentre nella tessitura stessa della composizione finale sussistono risoluzioni visive e strutturali non ancora articolate e dinamiche in ogni particolare, come invece è nei lavori successivi. Nelle sue Regioni caotiche e nelle Metamorfosi del 1999, infatti, l’identificazione e lo scambio tra immagine originaria e originata, che erroneamente appare riconoscibile secondo i canoni tradizionali smentendo in realtà le coordinate visive consuete, produce invece una forte simbologia della rappresentazione, emergendo inoltre, fin da subito, la carica energetica del colore che annulla quasi del tutto, nella particolarità degli audaci e inconsueti accostamenti, la completa artificialità e virtualità della resa visiva. Un elaborato virtuale, perciò, che nel procedere della sperimentazione si articola completandosi in forme sempre più complesse e stratificate che vicendevolmente si supportano e si evidenziano a costruire un’immagine finalmente ‘altra’, in grado di restituire con pienezza propri, autonomi significati. Significati espressi con un linguaggio originale nonché conseguente al ‘racconto’ dato, sia pure nella dimensione virtuale delle coordinate frattaliche della visione. Partendo quindi da un dato iconografico reale, come un’immagine scansionata da una precedente elaborazione dipinta o da una tempera appositamente realizzata, l’autrice attraversa alquanto presto la soglia dell’immateriale, per addentrarsi nella realtà virtuale di sensazioni e immagini, percepite in associazioni sinestetiche che a tutt’oggi non sono state ancora precisamente codificate né calcolate in ambito artistico-scientifico. È una nuova sinestesia, infatti, quella su cui lavora Franca Lanni, partendo dalla percezione visiva come stimolo immediato di altre percezioni non usuali e più direttamente collegate con la base profonda del nostro sistema nervoso; per fare un esempio, guardando le sue opere, attraverso la successione di sensazioni occhio-stomaco si arriva a una percezione tattile – tra virtuale e sensibile – di materiali apparentemente reali e con temperature e suoni propri (come l’acqua), innescando allo stesso tempo un processo mentale e associativo della memoria e del raffronto con altre realtà, virtuali, concettuali o psicofisiche che siano. È questo un ulteriore inganno, stavolta mentale, che tuttavia porta ogni spettatore a proprie conclusioni, dimensioni e personali stati d’animo. Il che, del resto, costituisce, nell’arte e nella fattispecie, un elemento determinante per un diretto rapporto tra spettatore e opera. L’autenticità cioè dell’insieme di percezioni, introspezione, esigenza narrativa dell’artista e conseguente scelta del mezzo espressivo, articolato poi in un vero e proprio linguaggio compiuto – e, per tali basi di partenza, originale – è il fattore differenziale che ‘garantisce’ l’effettiva comunicazione tra l’artista e lo spettatore, con il tramite, infatti, dell’opera. Nella fattispecie, la fucina sperimentativa di Franca Lanni la porta a perfezionare sempre tale meccanismo di costruzione, partendo dall’assunto per lei imprescindibile del rapporto costante con il proprio corpo, con la propria, interna naturalità. In tal modo si spiegano le figurazioni ‘naturalistiche’ della Lanni, che esigono il mezzo assolutamente virtuale della elaborazione elettronica poiché provengono appunto da una realtà naturale interna, fatta di percezioni, flussi, reazioni alle stimolazioni esterne e composizione di emozioni, pensieri, linguaggio. Un’arte, inoltre, che per tali caratteristiche possiamo definire ‘femminile’, ribadendo, senza vetuste polemiche, l’alterità complementare, e paritaria, che hanno tali modalità creative ed espressive nei confronti di lavori realizzati da artisti dell’altro sesso. Infine, nella trasgressione perfino del mezzo usato, nel muoversi nel campo minato di nuovi processi esecutivi che hanno, nella miccia di un evento casuale, la potenzialità poi espressa di un radicale cambiamento di percorso o perfino il potere dell’eventuale immediata cancellazione dello stesso file sul quale l’autrice stia lavorando, si evidenzia il coraggio della trasgressione di regole operative e preziosismi tecnici ormai riconosciuti e valutati come gradiente di validità estetica, considerando invece il computer un’entità a sé stante con cui interagire in modo parimenti creativo; un’artista in fieri, dunque, che arriva a trasmettere con le proprie opere pacchetti di energia che sono il suo, relativo ma conseguente e autentico contributo alla nostra contemporaneità. In conseguenza a quanto detto, nel corpus delle opere di Franca Lanni i ‘fiori colorati’ che gradevolmente leggiamo nelle opere, a ben guardare smentiscono ogni immagine codificata e tradizionale, per parlare di ben altri significati, primo fra tutti l’alchimia frattale che consente la creazione di andamenti ondulati e sinusoidali sulla tessitura policroma di pixel quadrati dello schermo del computer. Tutt’altro discorso, quindi, rispetto all’iconico o al piacevole, quello che Franca Lanni affronta, originato in realtà dallo studio dei sistemi dissipativi e dalla teoria del caos che ha portato il suo lavoro a serie di opere come Metamorfosi, Anamorfosi, Paesaggi e Regioni caotiche, fino a ricostruire una significazione paradossalmente più riconoscibile dal punto di vista iconico, peraltro arrivando a sottolineare in termini moderni la necessità mai scomparsa del fascino del mistero o il bisogno dell’abbandono ad un’apparizione spesso onirica oppure immaginata. Un approccio che, attraverso la stimolazione sinestetica di sensazioni visive, provoca in seconda battuta proprio l’attenta analisi dell’immagine stessa guidando sempre più lo spettatore verso la profondità dell’opera, dei suoi significati e delle sue possibilità emozionalmente associative. Apparente evocatività anche onirica, quindi, per uno spunto invece di scientificità assolutamente virtuale, che di virtuale ha anche il senso pittorico, non potendo e non volendo avere la matericità della stratificazione della pasta cromatica, bensì il satinato del PVC su alluminio o tutt’al più i diversi livelli della sottile stratificazione puntinata della carta speciale da plotter per la stampa da file. In tale fase tuttavia di corso d’opera, Franca Lanni sta scavando altresì progressivamente nelle potenzialità tecniche del computer per trovare un proprio linguaggio che faccia emergere con sempre maggiore completezza la propria solare —come anche però lunare —personalità e sensibilità artistica: “Attraverso la realtà virtuale, infatti, il mio lavoro ha vissuto la smaterializzazione per poi ritornare corpo reale, espressione concreta di un universo dove realtà e virtualità hanno vissuto insieme straordinarie articolazioni dialettiche, cancellando per sempre differenze e analogie.” Ecco perché Franca Lanni ha trovato, ai suoi inizi, notevoli affinità con i discorsi di Ruggero Maggi, artista eclettico e outsider nonché direttore del Milan Art Center conosciuto nel 1998, che promuove un progetto artistico basato appunto sulla teoria del CAOS (Caotica Arte Ordinata Scienza) per ‘arricchire’ la visione della natura e del naturale attraverso appunto le teorie sul Caos. Dai sistemi caotici, cioè dai sistemi che, nati dalla sintesi tra la creatività matematica e la disponibilità di potenti calcolatori ed elaborati in un universo deterministico che segue le leggi fondamentali della fisica – ma con una predisposizione al disordine, alla complessità e alla imprevedibilità – Franca Lanni prende però non tanto la capacità di calcolo e di elaborazione matematica di programmi, quanto lo spunto concettuale e anche filosofico di approccio alla natura stessa, preferendo seguire una strada di sperimentazione empirica che tuttavia le consente di individuare in particolare ciò che le serve per costruire quello che cerca. E se la visualizzazione grafica, al computer, dei sistemi caotici origina disegni complessi e affascinanti molto simili a immagini della natura, dove le forme spesso si ripetono su scala sempre più piccola, il computer stesso diviene uno strumento che consente di organizzare la natura in modo differente da quanto teorizzato e calcolato fino ad oggi; un ordine che cambia le proprie regole ogni volta che interviene un evento casuale ma determinante per una svolta. È questo punto che in particolare affascina Franca Lanni, il potere di determinare un evento casuale che le consente di imboccare strade creative nonché deterministiche di realtà sempre nuove, fino al potere di cancellazione immediata del file stesso. Una modalità creativa e operativa in continuo movimento, questa, che rispecchia la concezione della natura intesa come continuo ma ordinato e ‘casuale’ divenire e come indicazione della mutevolezza della realtà, ancora una volta paradossalmente identificando regole naturali e teoria del caos, o l’universo fisico – con proprie leggi – e i principi fisici su cui si basa il sistema del calcolatore elettronico. Con tali premesse, quindi, Franca Lanni parte da uno stesso file innescando variazioni oppure originando altri file spesso molto diversi tra loro. E se nelle opere dal 1999 ad oggi Franca Lanni ha espresso la gioia della sperimentazione e della scoperta per paesaggi virtuali spumeggianti di colori vivi e di forme vibratili nel movimento instabile del caos dei frattali, verso la fine del 2004, si è indirizzata verso l’esplorazione di un’altra parte di se stessa, più profonda e intensa che si riflette nel suo lavoro in forme più controllate nella loro generazione ma al contempo ancora più immateriali nella resa visiva e nella simbologia stessa del significato. Un “viaggio nella mente” dai parametri invertiti, “dalla luce al buio” – dal titolo di una recente manifestazione cui Franca Lanni ha partecipato’ – in un ‘caldo’ buio introspettivo che conforta l’autrice, in quanto in esplicito contatto, diretto e biunivoco, tra coscienza e sensazione di sé: una situazione ideale, perciò, quasi un brodo primordiale della mente in grado di produrre le sensazioni più profonde e le significazioni più pregnanti, nell’attraversamento visivo di un ipotetico specchio di Alice dove al di là del velo otticamente semovente si intuiscono regole altre e misteriose. In questo nuovo corso, Franca Lanni non casualmente ha scurito la propria tavolozza virtuale, attribuendo spesso alle gradazioni dei colori vibrazioni timbriche visivamente oscillatorie nei lavori del 2005, intuitivamente avvertendo, nell’indeterminatezza concettualmente ancora caotica dei passaggi cromatici e nelle subitanee illuminazioni di punti delle immagini, l’implicazione di rivelazione subito svelata dall’attraversamento virtuale di un velo, o del velo di riflessi della luna notturna nell’acqua. Nel ciclo Viaggio nella mente, infatti, Franca Lanni approfondisce il suo concetto di luce della luna, sottraendo altresì ulteriore ‘materia’ virtuale e variazione cromatica per lavorare invece sulle oscillazioni visive che vibrano sinesteticamente come suoni. Veli non più d’acqua ma di seta si muovono sulla nostra retina, in una restituzione tonale e non più timbrica della figurazione che sacrifica l’esuberanza al silenzio sospeso di una momentanea attesa.

Laura Turco Liveri
Brano estratto dalla presentazione del catalogo “Franca Lanni” del 2005

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Franca Lanni, brevi note biografiche.

Franca Lanni, insegnante di Teoria della percezione e Psicologia della forma, è nata a Città della Pieve in provincia di Perugia.
Nel 1989, al Galà internazionale di Danza di Udine, cura la regia della coreografia di Anna Cuocolo “Morte di un’astrazione“, in scena presso il Teatro Palamostre.
Nel 1999, con il Milan Art Center diretto da Ruggero Maggi, inizia la ricerca sul CAOS (Caotica Arte – Ordinata Scienza) ricerca che continua a tutt’oggi.
Dal 2004 collabora con il regista cineasta francese Raymond La Motte: nel 2007 cura la scenografia del film “Look in”; dal 2008 partecipa al progetto ArtHaus project, a cura di La Motte e Fabrizia Di Palma.
Nel 2007 partecipata a “Camera 312 – promemoria per Pierre” a cura di Ruggero Maggi, all’interno della 52° esposizione internazionale d’Arte “La Biennale di Venezia”.
Nel 2011 e 2012 espone una opera nel “Padiglione Tibet”, a cura di Ruggero Maggi, progetto parallelo alla 54° esposizione internazionale d’Arte “La Biennale di Venezia”. Nel 2012 inoltre, partecipa come performer, assieme ad altri artisti, alla video installazione di Raymond La Motte “Control Procedure 1 – Solve et Coagula” presso Uferstudios / Studio 1 di Berlino.
Dal 2014 collabora con la Cooperativa Sociale Onlus Hikikomori di Milano per sensibilizzare sui fenomeni delle nuove dipendenze: crea il cortometraggio “Hikikomori – Il corpo negato” con la collaborazione di Valentina Di Liberto.
Realizza due opere pittoriche per la scenografia del film breve “Sissy”, regia di Eitan Pitigliani (2021).
La casa editrice Dantebus seleziona e pubblica tre sue favole originali nella collana di racconti in vendita Vele vol. 4 (2021).
L’opera “Dipendenze affettive” (2015) è premiata con la menzione speciale della giuria al 1° Concorso Internazionale d’Arte “Corchiano l’antica Fescennium” (2022), a cura della Galleria Mega Art.

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MARCIANO ARTE, galleria d’arte e cornici, Napoli

Salvatore Marciano

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