Buchicco (Eduardo Giordano), Paesaggio

Autore:BUCHICCO ( Giordano Eduardo )

N. - M. :Napoli, 1904 - Roma, 1974

Tecnica:Olio su tavola

Misure:20 x 25 cm

Classificazione: Paesaggi, Oli, Figurativi, Classici, Moderni

Note Critico - Biografiche

Buchicco (Eduardo Giordano)

 

Napoli, 1904 – Roma, 1974

 

 

Paesaggio:

 

Opera 20x25 cm di Eduardo Giordano Buchicco che raffigura un paesaggio naturale con alberi, edifici e colline sullo sfondo. Lartista utilizza pennellate dense e materiche, tipiche della pittura en plein air, per esprimere la vitalità della natura e la vibrazione luminosa dellatmosfera. Le tonalità verdi, ocra e blu costruiscono una composizione equilibrata, in cui la presenza della vegetazione e la profondità prospettica creano un senso di armonia e contemplazione del paesaggio.
Opera 20×25 cm, olio su tavola.

 

 

BUCHICCO, EDUARDO GIORDANO

 

Eduardo Giordano, detto Buchicco, nacque a Napoli nel 1904, dove è morto nel 1974. Proveniente da una famiglia aristocratica, aveva assunto l’aspetto del bohémien, tra il trasandato e l’impeccabile nella maniera di vestire e di agire da «vero signore». Studiò all’Accademia con Migliaro. Fin dai primi saggi la sua pittura si caratterizzò per la spigliatezza e l’eleganza del tratto e della colorazione; una pittura che nulla aveva del pittoricismo folcloristico e, peggio, delle convenzioni accademiche. Composizioni fantastiche, legate a una visione favolosa e, a un tempo, popolare della sua città, lo avevano posto in primo piano tra gli artisti anti novecentisti di Napoli. Nei primi quadri esposti nelle mostre partenopee, si notava una tendenza a « giocare» le varie composizioni tutte sul bianco e in questo senso io ricordo certe nature morte di oggetti di vetro riflessi in uno specchio su fondo bianco tutto mantenuto sui piani di una leggerissima variazione tonale. Successivamente Buchicco, dopo quei suoi straordinari pezzi di bravura, ispirati ad Eugenio Viti, che influenzò buona parte dei giovani pittori della generazione di Giordano, trovò il suo piú autentico umore di artista arguto, chroniquer spigliato, con il bellissimo ritratto che nel 1929 esegui al suo amico, lo scultore Celestino Petrone. Il dipinto, che è una delle opere chiave della produzione moderna napoletana, rappresenta l’amico sul fondo di una facciata partenopea, in controluce, invasa dal sole, che mette in risalto le ombre verticali di un primo meriggio di estate. La figura di Petrone, di grandezza naturale, è descritta con divertita attenzione dalle scarpe alla bombetta, in un atteggiamento scherzosamente guappesco. Quest’opera, singolarissima, sarebbe opportuno rintracciarla e assicurarla al Comune di Napoli, in vista della auspicata creazione di una Galleria d’arte moderna. Ma la curiosità di Giordano era sempre acutissima, e dopo l’exploit del ritratto di Petrone, egli si tuffò nel realismo in certo senso magico: è l’epoca delle composizioni in cui predomina la figura di una modella, Lodovisca, l’ispiratrice di vari artisti del tempo, attratti dalla sua misteriosa bruttezza, che sugge­riva un’ispirazione quasi metafisica. Verso il 1933 la pittura dì Giordano ebbe una svolta decisiva. Egli guardò al mondo vivacissimo e arguto di un Dufy, con le opere esposte alla galleria del Milione di Milano e, successiva­mente, da «Bragaglia fuori commercio», dove espose con lui Antonio D’Ambrosio. Nei quadri di quell’epoca predomina la sciccheria di quei segni che formano immagini fantastiche, tracciate su macchie di colore uniformi, secondo il modo di dipingere che, specie a Parigi, dopo l’affermazione di Bores e di Vines, allievi di Picasso e suoi conterranei, fu definita neo-impressionista. Buchicco visse alcuni anni in Francia, a Parigi e sulla Costa azzurra, e da quell’esperienza trasse motivo per un’arte raffinata, al limite dello snobismo. Tornato in Italia, il suo orientamento lo portò a recuperare certe forme del vedutismo posillipiano, ma durante gli anni bui che precedettero la seconda guerra mondiale, la sua ispirazione si caratterizzò in un senso che definirei ermetico, sul modello dell’intimismo morandiano. Dal ’35 fino al ’42 si impegnò nella ceramica, ma di questo episodio avremo occasione di parlare più avanti. Tra il ’38 e il ’45 la sua pittura sí orientò verso un’atmosfera ovattata che risentiva di una certa «chiusu­ra» ideale, sintomo di una crisi del suo linguaggio, una crisi soprattutto di contenuti che sfociò, verso il 1949, nelle esperienze informali, lontanissime da lui ed in contrasto con gli umori autentici della sua arte, caratte­rizzata, come ho detto, da una raffinatezza sottilmente dissacrante. La svolta non figurativa tuttavia non rimase una decisione definitiva, vincolante; una volta rotto con la sua personale tradizione improntata di grazia e di eleganza, infatti, Buchicco cominciò a «lavorare» all’in­terno delle sue vaste composizioni ritrovando il piacere del segno spiritoso, dei riferimenti figurativi imprevedi­bili, attraverso certi riporti fotografici che gli permette­vano di ironizzare, con la finezza e il bonario distacco abituali, sui miti del consumismo e dell’immagine dei mass-media. Irrequieto, cambiava continuamente città, abitazioni ed amori, seguito dai suoi immancabili cani, ai quali, negli ultimi anni della sua esistenza, dedicò tutto l’affetto.

PAOLO RICCI
“Arte e Artisti a Napoli 1800-1943”. Guida Editore, 1983

 

 

 

EDUARDO GIORDANO

 

Per chi lo vede la prima volta, con quel suo volto sereno e distratto, mai tur­bato da neri pensieri, il pittore Eduardo Giordano — che tutti chiamano familiar­mente « Buchicco » — dà l’idea di un personaggio della « belle époque », o meglio ancora di un tranquillo commendatore napoletano, cui manchi soltanto il cane bas­sotto da portare a spasso lungo la Riviera di Chiaia o via Caracciolo. Un’idea del tutto errata. Buchicco è un aristocratico volteriano, un po’ « bohe­mien », un po’ mondano, ed è un conversatore della razza dei Galiani, che avrebbe potuto brillare nei salotti parigini di un secolo fa. Napoletano scettico e mutevole, umorista ed ironista, ha in comune con Oscar Wilde e con Guillaume Apollinaire il gusto del paradosso e della « blague » a freddo: con Eduardo de Filippo la battuta pronta e salace, la quale poi non è altro che la reazione ad un’interna amarezza e ad un’antica malinconia. Venticinque anni fa era già un pittore « europeista » e d’avanguardia — speri­colato e spregiudicato con molto Matisse, Picasso e Dufy in saccoccia — di una « ver­ve » tutta partenopea, e di una vena barocca, portentosa e sconcertante, che sfocia­va quasi sempre in disegni di vecchie piazze napoletane o di personaggi di sua cono­scenza, che piantava sulla carta con una grafia elegante e sinuosa. La nativa irrequietezza, ed anche il suo inguaribile scetticismo, lo indussero a tentare nuove esperienze, ed a liberarsi di tutto il fardello della cultura, delle tecni­che e dei canoni accademici e tradizionali. Smise di dipingere piazze, circhi eque­stri, « interni » ove campeggiano enormi poltrone barocche, giardini estivi nella luce meridiana, voltando improvvisamente le spalle al « figurativo ». Cambiò lin­guaggio. Cambiò casa. Cambiò città. Si trasferì a Milano. Da Milano passò a Roma. Da Roma passerà forse a Firenze, o di nuovo a Milano, o ritornerà addirittura a Napoli. Ma non starà in pace. Non starà in pace con se stesso e soprattutto con la sua arte. Astrattista « geometrico ». Astrattista « materico ». Oggi astrattista « concreto », in­terprete degli intonachi di Milano, di Roma e di Napoli. Ed in tali intonachi ritrovi il suo buon gusto aristocratico e la grazia ingenua del decoratore popolano. Pitto­re estremamente decorativo, elegante, di una sensibilità coloristica raffinata. Mi fissò in faccia quei suoi occhi azzurri di puttino invecchiato: — Ed allora, mio caro, è meglio fare un gustoso « intonaco » che una brutta pittura figurativa! — Così ragiona il mio amico Buchicco nel suo scetticismo di napoletano mutevole. E chi potrebbe dargli torto? Ma non è improbabile che egli domani, stufo degli « intonachi » e degli astrat­tismi, ci si ripresenterà in veste di pittore figurativo. Ma il suo figurativismo sarà certamente molto diverso da quello usuale.

PIERO GIRACE
“Artisti Contemporanei”. Editrice E.D.A.R.T., 1970

 

 

 

 

MarcianoArte, galleria d’arte e cornici, Napoli

Salvatore Marciano

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