Salvator Rosa, Seconda veduta di marina con navi nel Real Palazzo

Autore:ROSA Salvator

Disegnatore:Francesco PETRUCCI (1660 - 1719) da Salvator ROSA (1615 - 1673)

Incisione:Theodor VERKRUIS (? - 1739)

Editore:Francesco Angelini

Tecnica:Acquaforte

Periodo:1732 Firenze

Misure:73 x 115 cm

Soggetto:Paesaggio

Note Critico - Biografiche

Seconda veduta di marina con navi nel Real Palazzo

 

acquaforte del 1732 da un dipinto di Salvator Rosa
“Seconda veduta di marina con navi nel Real Palazzo” Stampa antica, da un dipinto di Salvator Rosa (1615–1673), disegnatore Francesco Petrucci, incisore Theodor Verkruis, editore Angelini, tecnica acquaforte, stampata nel 1732 a Firenze, misure 73 x 115 cm.
acquaforte del 1732 da Salvator Rosa
“Seconda veduta di marina con navi nel Real Palazzo” Stampa antica, da un dipinto di Salvator Rosa (1615–1673), disegnatore Francesco Petrucci, incisore Theodor Verkruis, editore Della Croce, tecnica acquaforte, stampata nel 1732 a Firenze, misure 73 x 115 cm

 

 

Magnifica acquaforte dall’omonimo dipinto di Salvator Rosa (Napoli, 1615 – Roma, 1673) raffigurante l’alba nel porto, con navi, con tanti personaggi e con il faro del porto che domina la scena. Il paesaggio fantastico, ricorda lo scenario napoletano col promontorio sullo sfondo che evoca il Vesuvio. Il dipinto originale da cui nasce la stampa, è esposto nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze.

 

frontespizio
frontespizio dell’Indice dei quadri della raccolta dell’Arciduca G. D. di Toscana

 

L’incisione, formata da tre lastre di rame unite, è tratta dall’opera “Indice dei quadri della Raccolta dell’Arciduca G.D. di Toscana. Disposti per Maestri, e questi per ordine cronologico” edita da Francesco Angelini nel 1734. Per la traduzione in stampa di questa raccolta pittorica (compresa la coppia di dipinti di Salvator Rosa) fu coinvolto già dal 1695 l’artista Francesco Petrucci (Firenze, 1660 – 1719), copista della cerchia di Foggini, di cui ben 89 disegni preparatori alle incisioni, alcuni anche di notevoli dimensioni, risultavano già nel 1713 nella collezione personale di Ferdinando de’ Medici con alcune aggiunte annotate nel 1715. Insieme al Petrucci furono incaricati vari incisori, tra cui Theodor Verkruis [Teodoro Della Croce] (Olanda, ? – 1739) che incise 29 tavole.

 

 

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Salvator Rosa

La figura di Salvator Rosa è una di quelle che si prestano facilmente ad un uso spregiudicato per gli slittamenti in direzione del sensazionalismo, che essa appare ispirare. In realtà, il Rosa fu una personalità complessa di uomo di arte e di cultura, rappresentò, in qualche modo, l’uomo nuovo del secolo, curioso di penetrare il segreto delle cose e di cimentarsi, a tutto campo, negli ambiti delle più significative espressioni creative. Fu letterato, infatti, oltre che musico e pittore: comprese il significato della riproducibilità dell’opera d’arte, dal momento che le sue incisioni costituiscono soprattutto un veicolo di comunicazione di idee, piuttosto che un secco referente iconografico. Nelle molteplici manifestazioni del suo sentire e della sua attività mostrò sempre un’interna coerenza.

Note biografiche

Salvator Rosa era nato a Napoli nel 1615 e fu a scuola del Ribera; nel ’32 Francesco Fracanzano ne avrebbe sposato la sorella. Successivamente, dal ’40 al ’49 fu a Firenze e poi a Roma, dove si spense nel 1673. La sua perspicace analisi naturalistica, la formazione stessa nell’ambito del naturalismo riformato del Ribera ne fecero un attento analista della realtà, che, tuttavia, seppe tradurre sulla tela non nei termini di un convenzionalismo abbreviato ma secondo una logica interna narrativa ed espositiva, che gli avrebbe affibbiato anche quella stessa aura di pittore maledetto, che male interpreta la sua spontanea propensione alla riflessione, all’approfondimento delle ragioni delle cose.

I soggetti

I paesaggi di Salvator Rosa sono caratterizzati da una natura aspra e selvaggia, con tonalità scure e contrasti luministici dalle atmosfere cupe e misteriose; e se fu battaglista di grido, fu anche creatore di un immaginario nuovo, in cui diede corpo alle fantasie più sbrigliate della mente, ad un mondo di streghe e di alchimie, di incantesimi e di magie, non presentato, però, nell’astrattezza del loro darsi, ma come il contraltare divertito ed ironico, mai però superficiale, del vissuto quotidiano degli uomini. Egli stesso, d’altra parte, si definiva stoico, accentuando così i tratti etici del suo profilo ideologico.

Le opere

Di grande rilievo, ad esempio, appare la sua Humana Fragilitas (Cambridge, The Fitzwilliam Museum) ove aspetti autobiografici e temi della riflessione filosofica animano una pittura contenuta rigidamente in uno schema formale di serrata compostezza volumetrica, in cui la parte alta del dipinto è occupata dal distendersi delle ali dello scheletro della Morte, mentre la parte bassa del dipinto è occupata da figure di bimbi. La madre di uno di questi collega idealmente la parte alta e quella bassa del dipinto, quasi a suggerire una continuità, nel tempo, della sorte umana. In un certo senso appare qui cambiato l’orientamento classico dei Trionfi della Morte: laddove, infatti, il cavallo della morte, trascorrendo orizzontalmente lo spazio, segnava il percorso del tempo e l’ineluttabilità della sorte, qui, nel dipinto di Salvator Rosa, la morte non si accompagna alla vita, non è il compagno di strada, come nei Trionfi quattrocenteschi, ma è violenza improvvisa che giunge inaspettata e ghermisce provenendo dall’alto. Più stoici di così! verrebbe da commentare. Di alta resa psicologica sono le sue figure dai volti suggestivamente segnati: pensiamo qui al Ritratto della collezione Chigi-Saracini di Siena, o alle Allegorie della Galleria Corsini di Roma, al Ritratto d’uomo o al Figliuol prodigo dell’Hermitage di Leningrado. In queste opere il naturalismo riformato fa avvertire tutta l’intensità delle potenzialità espressive d’una pittura che, ormai, l’analisi schietta del vero affrontava con l’intento di ricercare gli intimi significati delle cose. Che è quanto emerge, ad esempio, nell’acutissimo Ritratto di Lucrezia (Roma, Galleria d’arte antica), ove il volto della donna, di tre quarti, colto con un’analisi disegnativa e pittorica di intensa fedeltà al modello, sembra trascolorare nello sfondo uniforme del quadro, come a suggerire una dimensione lontanante del tempo, colto in un attimo e rappresentato nel suo divenire.

Gli allievi

Tra i pittori dipendenti da Salvator Rosa citati dal De Dominici ricordiamo Bartolomeo Torregiani, Giovanni Grisolfi, Nicola Massaro, che sarebbe stato introdotto presso il Rosa da Marzio Masturzo (cui sono attribuite due Battaglie nella Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma), Andrea Vespasiano, che dipingeva, forse, per diletto, essendo avvocato, Domenico Dentice.

Rosario Pinto

La pittura napoletana. Storia delle opere e dei maestri dall’età antica ai nostri giorni – Liguori Editore, Napoli, 1998

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Marciano Arte galleria d’arte e cornici, Napoli

 

Salvatore Marciano

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