Pietro Lista, Figura distesa

Autore:LISTA PIETRO

N. - M. :Castiglione del Lago (PG), 1941

Tecnica:Tecnica mista su tela

Misure:70 x 100 cm

Anno:1964

Classificazione: Figure, Altre Tecniche, Figurativi, Moderni

Note Critico - Biografiche

Pietro Lista

Castiglione del Lago (PG), 1941

 

 

Figura distesa

Foto del dipinto di Pietro Lista dal titolo Figura distesa del 1964, tecnica mista su tela 70x100 cm
Tecnica mista su tela 70×100 cm

 

 

 

Cenni biografici su Pietro Lista

Pietro Lista studia alla Accademia di Belle Arti a Napoli con i maestri Emilio Notte, Giovanni Brancaccio, Vincenzo Ciardo, Mario Colucci. Nel 1965 partecipa ad una collettiva presentata da Giulio Carlo Argan a Napoli. Nel 1968 partecipa ad una collettiva curata da Germano Celant. E’ stato responsabile di eventi e film d’arte. Nel 1970 apre a Salerno la Galleria Taide e l’omonima casa editrice. Nel 1973 partecipa alla VIII Biennale di Parigi e nel 1975 alla X Quadriennale di Roma. Dal 1980 inizia la sua produzione di sculture e ceramiche. Nel 1993 fonda a Paestum il Museo d’Arte Contemporanea I Materiali Minimi. Nel 1998 a Roma Achille Bonito Oliva presenta una mostra antologica del maestro. Sue opere sono presenti nelle maggiori collezioni pubbliche e private del mondo.

 

 

Lista d’attesa 

“Nel fare-spazio parla e si cela al tempo stesso un accadere. Questo aspetto del fare-spazio ci sfugge facilmente e quando viene considerato è sempre difficile da determinare, soprattutto fin tanto che predomina lo spazio tecnico-fisico, come quello a cui deve venir ricondotta anticipatamente ogni caratterizzazione dello spaziale” (M. Heidegger, l’arte e lo spazio, 1969). Nell’arte non esiste uno spazio fisico e rigidamente preordinato. Semmai un luogo conformato nei termini di campo, frutto di relazioni mobili funzionali alla conformazione dell’immagine. Nella pittura di Pietro Lista lo spazio è una superficie virtuale in cui non esistono centro e periferia. Le figure portano soltanto lo scheletro della propria conformazione, la struttura elementare del proprio apparire.
L’apparizione presuppone appunto l’accadere, l’evento epifanico di un’immagine, prodotto di uno spazio-temporalità assolutamente consustanziale. Prima dell’arte non esiste una misura o un territorio precostituito. Il processo creativo innesca un procedimento di fondazione sincronico in cui l’immagine diventa figura e sottofondo spaziale, segno e materia. L’artista salernitano parte ed approda ad un linguaggio ridotto ad un alfabeto elementare, giocato prevalentemente sul bianco e nero, trasgredito dalla presenza isolata e rara di altri colori. La riduzione dello scheletro comporta un’essenzialità con un’implicita perdita di peso e di leggerezza. Tali qualità, spostano la fissità dell’opera sul piano dell’evento, sull’accadimento di un’apparizione veloce e profonda che sembra collocare l’immagine sul versante di uno spazio mentale e nello stesso tempo fisico. In Pietro Lista non esiste precisione dello spazio, perché non esiste immagine precostituita o ideologia dell’abitare. L’arte si afferma contro ogni dogma o preveggenza. L’immagine-figura o segno geometrico, accade nella potenzialità di una posizione dislocata in una sorta di vuoto consistente, confermato come supporto soltanto nel punto fermo dell’evento visivo. Fuori da ogni legge gravitazionale, le figure si stagliano liberamente nello spazio, realizzate secondo uno standard manuale che ne evidenzia la struttura essenziale Fatte attraverso il filtro di una modularità universale e primaria, esse comunicano la propria natura di linguaggio a temperatura notturna.
Notturna è la febbrilità onirica delle figure che utilizzano la bianca potenzialità della superficie per imprimere la propria impronta che ricalca l’elementarità apotropaica e magica del linguaggio primitivo, l’asimmetria accompagnata e rafforzata dall’ironia liberatoria degli accostamenti. L’arte diventa la fondazione di un territorio mobile che si forma e deforma continuamente secondo gli accostamenti di figurazione ed astrazione organica e geometrica, sostanza notturna del segno e quella diurna sottostante e sovrastante. Il bianco della superficie diventa la fonte di luce che illumina a giorno l’accadimento dell’immagine, il punto fermo al neon che stabilisce la visione.
Volutamente piatta è la visione di queste figure , come un trascorrere di ombre cinesi che seguono un ordine di scorrimento aderente pienamente all’impianto bidimensionale dello spazio. L’immagine diventa un tatuaggio sulla pelle della pittura, un geroglifico che non vuole scalfire nulla ma aderire a se stesso, trovare un punto di contatto, anzi una possibile collocazione e coabitazione.
L’arte dunque non è abitare ma coabitare, sistema di convivenza tra segni diversi, che attraverso la modularità hanno in comune l’essenzialità e la leggerezza, le qualità dunque di una veloce mobilitazione e dislocazione. Lo standard manuale che riproduce l’immagine permette alla pittura  di Lista il paradosso di una comunicazione veloce , quasi elettronica, in sintonia con quella quotidiana dei mass-media, poggiante anch’essa sulla modularità. La differenza consiste nel fatto che nella comunicazione computerizzata esiste un’omogeneità dei linguaggi e dei segni. Nel processo creativo dell’arte invece è possibile una trasmissione  del disomogeneo, la comunicazione di segni diversi seppure strutturati secondo uno standard manuale, giocato sulla semplicità e la ridondanza. La ridondanza diventa il sintomo di un atteggiamento ironico che prende le distanze dal linguaggio, ma nello stesso tempo vuole produrre oltre che informazione anche comunicazione. Il pathos della distanza nicciana abita l’universo coreografico di Pietro Lista che riduce la presa soggettiva per favorire quella dello scambio col sociale. Senza più simulare ottimismo o sicurezza, senza cosmetico cromatismo o ostentazione tecnica.
“Gli spazi profani sono in ogni caso tali in quanto riferiti a spazi sacri che stanno sullo sfondo” dice ancora Heidegger. Questo  presuppone appunto un’idea sacrale dell’arte, un preconcetto favorevole come ideologia artistica. Invece Pietro Lista non conosce e non vuole condizione di artista. Artista nomade e transfuga, egli cerca e trova solo nell’arte la garanzia di una felice precarietà, l’eliminazione di ogni recinto o territorio privilegiato. Affida all’accadimento, alla fondazione di una superficie benefica ed egualitaria la possibilità di creare immagine. Laddove esiste immagine, epifania della figura, esiste spazio e dunque arte. Artista laico, non riconosce all’arte nessuno statuto garantito che ne segnali la differenza rispetto alla vita. Perché essa fa parte della vita, anche se ad un livello diverso e particolare. Il linguaggio serve ad evocare una diversa realtà, a spingere la vita verso una paradossale condizione di impossibilità, dove non esiste sopraffazione ma coesistenza, coabitazione in uno spazio di nuove possibilità. Qui non sono garantite le relazioni in quanto aperte ad un flusso tra centro e periferia, bianco e nero, groviglio e figure, segni antropomorfici e geometrici.
Forte è la relazione con la musica, fatta di suono e pausa, ritmo. Come sullo spartito la pittura dispone i propri segni bidimensionali per andare oltre, per incontrare la contemplazione ed il riconoscimento vivificante del pubblico. Fonica e concreta, questa pittura si dispone per essere suonata dallo sguardo sociale che ha bisogno di codici per mettersi in azione. Lista predispone i suoi codici riconducibili, utilizza la superbia pittorica come una partitura in cui pieno e vuoto, rumore e silenzio coesistono sullo stesso piano e con la stessa presenza. Lo standard manuale diventa lo strumento che rimanda allo stesso autore, così come l’identità del pubblico alla stessa orchestra. “Fare spazio è libera donazione dei luoghi” dice ancora Heidegger: Libero è il dono della partitura pittorica come quello dell’ascolto della visione. Come non esiste predisposizione predestinata di spazio, così non esiste imposizione delle figure. Esse segnalano un diverso modello, rispetto al reale, di affermarsi e darsi al sociale. Il modello è quello di un’esistenza legata alla probabilità della relazione e non alla sopraffazione di una solitaria affermazione di sé. Relazione tra le diverse figure che accadono nello spazio dell’arte è quella che avviene tra esse e il pubblico. Tale condizione diventa l’umana identità dell’arte contemporanea che non chiede preventivi riconoscimenti ma l’incontro progressivo con la sensibilità sociale. Solo da questo corto circuito, quello di una relazione anche conflittuale, nasce e si realizza la socievole natura dell’arte che vuole stabilire non la distanza di una superba bellezza ma il contatto con la propria intensità. Il linguaggio volutamente teso alla riduzione di Lista segnala proprio questa umiltà, la rinuncia all’opulenza di una tradizione dell’arte occidentale, alla complessità del segno e alla ricchezza del colore. Qui invece adotta il corpo dell’arte, riportato allo scheletro della propria apparenza e alla elementarità del suo vocabolario. Qui l’arte ricomincia da capo, fonde la propria detrazione sulla coscienza del suo evolversi, e, per questo, azzera la sua abilità nell’apparire. Ora appare la possibilità di uno spazio di coabitazione come possibilità, dono dell’artista che non aspetta ricompensa, semmai scambio tra la propria esperienza creativa e quella contemplativa del pubblico, senza reciproche difficoltà. Sintonizzarsi sulle lunghezze d’onda dell’arte significa riconoscere la realtà di una diversa attitudine del fare. Fare significa per Lista pensare, realizzare e fondare la propria cosmologia di immagini. Dimostrare questa possibilità nell’ambito dei codici, riportati al loro riconoscimento primario, attraverso una leggerezza esecutiva ed un nomadismo di rimandi che ne facilita la lettura. Leggere l’arte è come ascoltare la musica, riferirsi ad una fonte di ascolto in una libertà spaziale e temporale che ne evidenzia l’attenzione. Il quadro non ha recinti, soltanto l’estensione fino ai bordi delle sue possibili relazioni interne. Come la vita fino ai bordi della morte. E la contemplazione dell’opera trova una premonizione nel nome dell’artista, Lista, diventa appunto una lista d’attesa per il pubblico che aspetta l’epifania, l’apparizione dell’immagine. Per trentennale sodalizio con l’artista, posso affermare che l’attesa talvolta riserva un posto per il volo.

Achille Bonito Oliva

 

 

 

 

Marciano Arte, galleria d’arte e cornici, Napoli

 

 

 

 

Salvatore Marciano

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