Francesco Caliendo, Mi sono visto andare via

Autore:CALIENDO FRANCESCO

N. - M. :Napoli, 1945

Tecnica:Dipinto su tavola

Misure:44 x 41 cm

Anno:2022

Classificazione: Moderni, Astratti, Figurativi, Altre Tecniche

Note Critico - Biografiche

Francesco Caliendo 

Napoli, 1945

 

 

Mi sono visto andare via

Opera di Francesco Caliendo che esplora il tema dell'identità e della trasformazione, attraverso una composizione potente e simbolica. Realizzata con tecniche miste su tela, l'opera misura 44 x 41 cm. Il soggetto, rappresentato tramite una figura umana stilizzata e in parte frammentata, si integra con una croce stilizzata in alto, creando un contrasto tra l'essenza spirituale e quella terrena. La superficie materica, caratterizzata da una ricca tessitura e dai forti contrasti cromatici, contribuisce a rendere la composizione estremamente dinamica. I toni del rosso e del beige accentuano la tensione emotiva del quadro, mentre il contrasto tra la parte inferiore della figura e la croce rimanda alla dialettica tra la vita, la morte e il trascendente. L'opera invita alla riflessione sulla condizione umana, sulla perdita e sul continuo divenire.
Dipinto su tavola, 44 x 41 cm

Opera dal forte impatto simbolico, “Mi sono visto andare via” esprime la tensione interiore tra corpo e spirito, presenza e perdita. Su un intenso fondo rosso si stagliano due gambe, trattate con spessa materia pittorica e attraversate da una croce che taglia la composizione. Il contrasto cromatico tra le due metà — una scura e l’altra chiara — riflette la dualità dell’animo umano. Con il suo linguaggio materico e potente, Francesco Caliendo trasforma il colore e la materia in strumenti di introspezione. Il titolo diventa così una riflessione sul distacco e sulla consapevolezza del sé che si allontana, in una visione di intensa forza emotiva.

 

Francesco Caliendo

Per Francesco Caliendo l’essere umano è il centro di una riflessione dolorosa e visionaria, un simbolo della degradazione morale e spirituale che attraversa la società contemporanea. Nelle sue opere, la bestialità sostituisce la ragione, l’istinto sovrasta l’idea e la speranza, mentre l’immaginazione si trasforma in un veicolo di denuncia. Il suo linguaggio pittorico, potente e inquieto, nasce da una visione espressionista che combina l’urgenza del gesto con l’intensità della materia cromatica. Caliendo costruisce paradossi visivi in cui il tempo si deforma, la figura si contorce, e il dramma dell’uomo moderno si manifesta attraverso forme organiche, ibridate, spesso mostruose, ma sempre umanissime nella loro disperazione. La sua ricerca si muove tra il sogno e l’incubo, tra una visione apocalittica e un desiderio di rinascita. Le figure, frammentate e contorte, si fanno emblema di un’umanità sconfitta, schiacciata dal peso della tecnologia e del conformismo. Residui meccanici, resti di corpi e oggetti urbani si fondono in creature ibride, sospese tra l’uomo e la macchina, testimoni di un’epoca che ha tradito la propria coscienza. Nei suoi lavori si avverte la rabbia dell’artista, ma anche la pietà di chi, pur vedendo il disastro, continua a cercare un varco nella luce. Caliendo restituisce una realtà degradata con una forza poetica che si nutre di dolore e verità, senza mai cedere alla rassegnazione. In questo universo pittorico, il colore assume un ruolo centrale: acceso, dissonante, talvolta violento, diventa voce emotiva e strumento di rivelazione. Le tinte forti si alternano a improvvise smorzature, creando un ritmo visivo che riflette le contraddizioni del vivere. Le composizioni sono rigorose ma dinamiche, costruite su un equilibrio precario tra caos e ordine, tra impulso e controllo. L’arte di Caliendo è un grido e una confessione, un atto di libertà che si oppone alla passività e all’inerzia morale. Come Munch, Cuniberti o Gorky, Caliendo affronta la mostruosità umana con coraggio e senza filtri, rappresentando l’orrore e la bellezza della fragilità. Nei suoi quadri convivono il sacro e il profano, la carne e il metallo, l’infanzia e la colpa. Le sue visioni si nutrono di malinconia e memoria, di una sofferenza che si fa consapevolezza e indagine. L’artista scava nelle pieghe dell’animo umano e denuncia la rinuncia alla libertà, la perdita di senso e la regressione della civiltà. Francesco Caliendo nasce a Napoli nel 1945. Si forma all’Istituto Statale d’Arte e all’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove è allievo di Giovanni Brancaccio. Dagli anni Sessanta espone in Italia e all’estero: tra le sue personali più significative, quelle di Roma (1976), Milano (1980), il ciclo siciliano (1981-1983) e le mostre di Barcellona, Londra, Zurigo e Bruxelles. Nel 1988 tiene una personale a Pomigliano d’Arco patrocinata dal Comune. La sua pittura, autonoma e impegnata, fonde dramma, invenzione e coscienza critica, trasformando l’angoscia in linguaggio e la visione in resistenza morale. Caliendo resta un interprete lucido e appassionato della condizione umana, un artista che con coraggio continua a denunciare, attraverso l’arte, la disfatta e la speranza dell’uomo contemporaneo.

BREVE VIDEO DI PRESENTAZIONE DELL’OPERA:

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MARCIANO ARTE, galleria d’arte e cornici, Napoli

Salvatore Marciano

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