Autore:PLACIDO ERRICO
N. - M. :Napoli, 1909 - Portici, 1983
Tecnica:Olio su cartone
Misure:47 x 33 cm
Classificazione: Nature morte, Figurativi, Oli, Classici
Placido nella sua vita quasi sempre movimentata, quasi sempre incerta, che si è svolta in un gioco di sensazioni e di emozioni, di entusiasmi e di avvilimenti, non ha fatto altro che il pittore, il pittore che vive con la pittura e della pittura. Iniziò tanti anni fa con Luigi Crisconio a Portici. Era appena un adolescente, e seguì il maestro nelle sue faticose peregrinazioni per le campagne vesuviane e le spiagge del golfo di Napoli, con lunghe soste sotto il sole, alla ricerca del motivo. Tornava a casa stanco, stordito ma contento di aver dipinto sotto la guida di Crisconio. Era nato pittore. Crisconio, pur così rapido, così impetuoso nel dipingere, spesso rimaneva sorpreso dalla furia con cui il suo giovanissimo allievo e amico realizzava un paesaggio. Errico Placido pittore ha dipinto migliaia e migliaia di quadri, vagando da un capo all’altro d’Italia.
Egli stesso ha dettato un epigramma a esplicazione della sua pittura:
“Credo che la pittura sia poesia delle immagini, e sono felice di averle offerto la mia esistenza, sereno malgrado stenti, ansie e fatiche. Ho cercato di capire al tempo briciole di vita; di registrare l’eco del mare; di cogliere il vasto respiro della mia terra; di esaltare la fatica degli umili; di confortare il dolore della mia gente”.
Nel catalogo monografico a cura di Mario Fiengo, Errico Placido viene presentato anche come poeta. Ecco alcuni suoi versi che appaiono in catalogo:
«Credo che la pittura sia poesia delle immagini,
e sono felice di averle offerto la mia esistenza,
sereno malgrado stenti, ansie e fatiche.
Ho cercato di carpire al tempo briciole di vita;
di registrare l’eco del mare;
di cogliere il vasto respiro della terra;
d’esaltare la fatica degli umili;
di confortare il dolore della mia gente».
Placido Errico avvertiva la pittura come una necessità interiore e le affidò il compito di tradurre il suo intimo sentire. L’osservazione del mondo e del reale generò una profonda riflessione sulla caducità delle cose e l’inesorabile scorrere del tempo, producendo una costante vena di malinconia nei suoi quadri. Vicino alle esperienze dei Fauves francesi e degli Espressionisti tedeschi conservò della tradizione napoletana soltanto la predilezione per alcuni soggetti quali marine, fiori e nature morte.