Müller, Il Franfelliccaro

Autore:MULLER J. Rudolf

Disegnatore:Rudolf MULLER (1802-1885)

Incisione:Rudolf MULLER (1802-1885)

Editore:Annibale Patrelli

Tecnica:Acquerello su litografia

Periodo:1825 Napoli

Misure:25 x 37 cm

Soggetto:Costumi

Note Critico - Biografiche

Il Franfelliccaro

 

Stampa antica del 1820, litografia di Rudolf Muller raffigurante Il Franfelliccaro
Rudolf Muller (1802-1885), “Il Franfelliccaro”, litografia del 1820 circa colorata d’epoca. Editore Annibale Patrelli.

 

Splendida tavola disegnata e colorata da Rudolf Müller (Basilea, 1802 – Roma, 1885) che pone in risalto la bellezza e il fascino dei tradizionali costumi e dei pittoreschi antichi mestieri di Napoli, qui Il Franfelliccaro.

L’immagine del franfelliccaro fa parte di una serie di litografie, datate tra il 1819 e il 1825. La particolare tecnica utilizzata è quella dall’acquerello su litografia, metodo introdotto a Napoli proprio dal Müller, svizzero di nascita e partenopeo d’adozione. Per quanto attiene la diffusione del metodo litografico nella provincia napoletana, l’arte di Rudolf Müller è indissolubilmente legata alla figura di Annibale Patrelli, editore di libretti e spartiti musicali.

 

 

Il Franfelliccaro

Personaggio amato in particolar modo dai bambini ’o franfelliccaro rientra di diritto nella lunga schiera degli antichi mestieri napoletani oramai scomparsi. Portatore di gioia e sorrisi, ’o franfelliccaro era solito girare per le strade ed i vicoli di Napoli in compagnia della sue grande sporta piena di dolciumi, spesso fatti in casa, a base di zucchero e miele: le franfellicche.

Esistono numerosi scritti riguardanti il franfelliccaro, ritenuto da molti uno dei mestieri più rappresentativi della Napoli che fu. Provvisto semplicemente di un grande cesto, il franfelliccaro era solito preparare le franfellicche (pezzetti di zucchero e miele colorato) in casa, ma non di rado lo si poteva trovare anche per le vie di Napoli munito di un piccolo carrello dotato di un fornello a carbone sul quale si adagiava maestosa e fiera una grande pentola annerita dai fumi e dall’usura all’interno della quale l’uomo era solito versare una gran quantità di zucchero che, una volta liquefatto, veniva mescolato a miele e coloranti.

Una volta impastate, le franfellicche venivano fatte raffreddare appena e adagiate, una volta divenute solide, su un apposito gancio. A quel punto l’uomo richiamava a gran voce bambini e golosi di ogni età. Secondo quanto riportato da un articolo di napolistyle, pare che la formula preferita del franfelliccaro per richiamare i passanti fosse la seguente. “Guaglio’ accàttate ‘o franfellicco, Tuosto tuo’, ‘o franfellicco! Cinche culure e cinche sapure pe’ ‘nu sordo!

I “bastoncini di zucchero caramellato” venivano prodotti con materiali poveri e facilmente reperibili, per questo motivo potevano essere acquistati anche dai ceti meno abbienti visti il loro costo irrisorio.

Sul blog di Antoniovesp si legge che numerosi erano i dottori che esaltavano le virtù terapeutiche del “franfellicche” ritenute un «buon lassativo per la tosse», vista la presenza di miele caldo, da sempre ottimo rimedio contro i malanni di stagione.

Pare che, per rendere ancor più accattivanti le se incursioni, il franfelliccarofosse solito organizzare giochi e piccoli momenti teatrali volti ad incrementare gli affari. Tra questi, alcuni indovinelli che permettevano ai bambini di aggiudicarsi un dolcino gratis.

 

Alfredo Gargiulo nel 1928, dedicò perfino una poesia a questo mestiere oramai in disuso,intitolata proprio, ‘e franfellicche.

‘E FRANFELLICCHE
“Doje paparelle le zucchero,
tre o quatto sigarette le ciucculata;
nu perettiello chino d’acqua e ccèvoza,
‘cu dint’ ‘a ficusecca sceruppata.
Poi’le franfellicche: al massimo,
nu trenta franfellicche le ogni culore;
cierte so’ chine le povere,
cierte se so’ squagliate p I “o calore.
Pure pare incredibile,
Ce io ce sto riflettenno la na semmana):
ncopp’a nu bancariello e a sti tre prùbbeche,
ce campa,spisso,na famiglia sana …”

(fonte: www.vesuviolive.it/)

 

 

Rudolf Muller

Basilea, 1802 – Roma, 1885

Maggiormente conosciuto come litografo che come pittore, dipinse paesaggi e figure con la tecnica dell’acquerello. Viaggiò molto in Europa, Parigi, Atene, Napoli, Roma. Si stabilì a Napoli dal 1822 al 1838 e successivamente a Roma con l’amico d’infanzia, il pittore Friedrich Horner (Basilea, 1800 – 1864).  Dal 1829, come litografo collaborò al “Viaggio pittorico nel Regno delle Due Sicilie”. Ad Atene, Presso il Museo Benaki della Civiltà Greca è esposto il suo dipinto raffigurante la “Veduta dell’Acropoli dal Pnice“.    

 

 

 

 

 

Marciano Arte galleria e cornici, Napoli

 

Salvatore Marciano

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